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SANT'ANTONIO ABATE

XIV - XV SECOLO

Un elemento chiave per comprendere la storia della chiesa di Sant’Antonio Abate è costituito dall’iscrizione sul portale principale, che recita: ALLI ANNI MCCCXXXVI MESE GENNARU TOBALLO DE IANNI ME FECE. La data si riferisce all’anno in cui il portale venne scolpito, e, facendo riferimento al mese di gennaio, consente di dedurre che la costruzione della chiesa abbia verosimilmente avuto inizio l’anno precedente. Si rende noto per la prima volta il nome di Toballo de Ianni, direttore dei lavori in qualità di architetto e decoratore. 
Il sito su cui sorge l’attuale edificio ospitava dapprima una cappella, inglobata successivamente nella struttura durante i lavori intorno al 1336. La presenza della primitiva cappella è evidente nella facciata che dà su piazzale Martiri d’Ungheria: in essa si nota come i conci della precedente parete avessero misure irregolari e fossero intervallati da scaglie inserite per posizionarli al meglio, mentre la porzione costruita in seguito mostra conci uniformi. Risale allo stesso periodo, inoltre, la realizzazione di un’ala destinata all’abitazione dei monaci adiacente alla chiesa e di un ospedale quasi di fronte. Quest’ultimo, nato come xenodochio, al fine di accogliere pellegrini e forestieri, venne, difatti, adibito ad ospedale, nel quale gli antoniani fornivano cure gratuite ai malati mediante rimedi galenici. A giudicare dagli elementi architettonici che lo contraddistinguono, il portico che univa chiesa e ospedale venne, invece, presumibilmente aggiunto intorno alla fine del XIV secolo. 
All’interno la pianta della chiesa è costituita da un’unica navata, divisa in due campate da un arco trasversale a sesto acuto, che sostiene il tetto. Sulla campata verso il presbiterio l’ingresso della luce esterna è consentito dalla presenza di un rosone, mentre la parete di fondo accoglie la nicchia contenente la statua del santo. 
La chiesa è la sola a Priverno ad aver conservato l’antico arredo sacro, di cui l’altare (un parallelepipedo calcareo su base scorniciata, adagiato su quattro colonnine angolari) ed il pulpito (angolare, modesto, in pietra calcarea) sono gli elementi principali. Ad eccezione dell’angelo e del demone sulle mensole del portale (simboli del bene e del male, tema ricorrente nelle raffigurazioni religiose medievali) e delle varie protome leonine, le decorazioni presenti sono perlopiù a tema vegetale, come quelle scolpite nell’architrave: tralci, pampini e grappoli d’uva, propri del repertorio locale.

SCHEDE RESTAURI
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I SETTE SACRAMENTI E

LA VERGINE IN GLORIA

Attribuibili ad un seguace di Pietro Coleberti, tali affreschi si trovano nella volta dell’abside. Nonostante sia ormai visibile ben poco, rappresentano scene relative ai Sette Sacramenti – Penitenza, Eucaristia, Estrema Unzione, Ordine, Battesimo, Matrimonio e Cresima – ed una Vergine in Gloria. Nella vela addossata all’arco del presbiterio sono dipinti il Battesimo, a sinistra, e l’Ordine, a destra. Del primo non resta nulla, ma fino a qualche anno fa era ancora visibile il tetto dell’edificio che ospitava la scena, mentre l’Ordine si è conservato meglio. Quest’ultimo mostra una chiesa a tre navate: quella centrale è occupata dalle figure della Madonna, di un Santo e del Cristo, le navate laterali sono affollate da gruppi di prelati e donne incoronate. Nella vela centrale si trova la Vergine – circondata da angeli e da una gloria luminosa – e l’Estrema Unzione. In essa, un sacerdote è colto nell’atto di applicare l’Olio Santo su un uomo morente attorniato dai suoi familiari, all’interno di un’abitazione. Nella tela che sovrasta l’altare l’artista ha dipinto scene e gesti usuali della Penitenza e dell’Eucaristia, raffigurati all’interno di edifici sacri. Nell’ultima vela il Matrimonio e la Cresima sono le scene meglio conservate. La prima, rispettando i canoni iconografici dell’epoca, ritrae una piazza senza spazio: davanti ad un edificio civile, un sacerdote unisce le mani degli sposi, mentre intorno si accalcano parenti e suonatori di flauto. La composizione lascia percepire una sensibilità e un intelletto tali da saper tradurre efficacemente in immagini dei concetti morali, e che, senza allontanarsi dalla tradizione, mantengono la propria semplicità. Le eleganti architetture che ospitano scene analoghe in altre chiese (come, ad esempio, l’Eucaristia nella volta dell’Incoronata di Napoli), diventano qui delle sommarie masse vagamente prospettiche, dalle quali si evince, tuttavia, che l’artista conoscesse bene la tradizione toscana: l’edificio della scena del Matrimonio ricorda, infatti, quello presente in un pannello della pala di Santa Cecilia a Firenze (che attualmente si trova agli Uffizi). Degna di nota è, infine, l’armoniosa cromia che caratterizza la volta di Sant’Antonio Abate: l’azzurro di un cielo popolato da angeli che suonano la tuba fa da sfondo un po’ a tutte le altre scene, nelle quali predominano il bianco, i bruni, il viola, l’ocra, i rossi e il verde, che, seppur sbiadito dal tempo, è presente ovunque, dalle finestre, agli abiti, alle decorazioni, apportando una nota di freschezza.

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CICLO DI SANTA MARGHERITA D'ANTIOCHIA

Sulla parete opposta all’altare si trova il piccolo ciclo di affreschi dedicati a Santa Margherita d’Antiochia. Rimangono, ad oggi, solo quattro dei sei riquadri da cui era composto originariamente. Dapprima coperti con un affresco di San Cristoforo probabilmente a causa degli ingenti danni provocati dal tempo, vennero riportati alla luce durante il restauro degli anni novanta. Figlia di un sacerdote pagano, Margherita si convertì al cristianesimo contro il volere del padre, che la costrinse ad allontanarsi da casa e a vivere con la balia, svolgendo lavori umili. Il primo riquadro ritrae l’incontro tra Margherita e il generale Olibrio. Quest’ultimo, invaghitosi della ragazza, tentò di sedurla ma lei lo rifiutò in nome della propria fede, e nel secondo riquadro la interroga all’interno del suo palazzo. La terza parte risulta mancante. Sappiamo, tuttavia, che mostrava Margherita imprigionata, poi inghiottita da un drago (allegoria del demonio) dal quale si libera squarciandogli il ventre con una croce. Nel quinto pannello Margherita viene torturata col fuoco per poi essere immersa in acqua gelida, ma sopravvive. Infine nel sesto, anch’esso mancante, le viene mozzata la testa.

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AFFRESCHI E DIPINTI MURALI

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STATUE E OPERE MARMOREE

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Bibliografia

ANGELINI E., Priverno: Patrimonio artistico XII-XIX secolo, Priverno 1988.

ANGELINI E., Priverno nel Medioevo, II, Roma 1998.


ANGELINI E., Sant’Antonio Abate di Priverno, Priverno 1990.

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